venerdì 18 settembre 2009

2 DESERTO

Su Gdraddict: "nel blu, dipinto di blu..." e prima parte de "il raduno dei Dik-Dik"
Dopo il terzo giorno di navigazione finalmente comincio ad abituarmi ai movimenti ondeggianti dello scafo e sto un po’ meglio. Riesco persino a mangiare qualcosa. Il genasi continua nei suoi approcci ma per ora non crea particolari problemi, anche perché gli altri due lo tengono d’occhio in modo discreto. Se lo vedesse Yerodin reagirebbe molto male! Il monaco di Ilmater è il più silenzioso e appartato, però ha sempre modi gentili.
Nel primo pomeriggio passiamo vicini ad alcune grosse uova fluttuanti nel vuoto. Non ho mai visto niente del genere, le sto guardando incuriosita quando uno stridio acuto richiama l’attenzione di tutti noi: la “madre” e un fratellino delle uova in questione sono molto arrabbiati perché li abbiamo disturbati. Ci attaccano e subito approntiamo la difesa, come stabilito dal capitano. Ci bersagliano con dei fulmini che scagliano dalla coda, subiamo qualche danno e ci troviamo in difficoltà, ma alla fine riusciamo a metterli in fuga, proprio mentre uno scarabeo celestiale gigante del fuoco appena evocato da Drevlin precipita giù dalla nave volante prima di aver colpito il suo obiettivo. Il mago è MOLTO imbarazzato …
Il resto del viaggio prosegue abbastanza tranquillo, ma quando arriviamo in vista del deserto l’umore del genasi cambia radicalmente. Fissa il paesaggio attonito, di colpo è più taciturno e s’immalinconisce. Sento la sua tristezza, ma non ne comprendo il perché. Poi capisco: lui è rimasto chiuso in quella bottiglia per secoli e prima questo posto doveva ospitare un regno fertile e rigoglioso, pieno di vegetazione, vita, movimento… i ricordi della sua infanzia, casa sua, spazzati via dalla sabbia… mi spiace, in certi momenti vorrei davvero vederlo meno abbattuto, ma non so come consolarlo, ci conosciamo da troppo poco tempo e non riesco ad abbassare la guardia. Almeno mi dà un po’ di tregua… Drevlin dice di non preoccuparsi, che presto gli passerà; nemmeno lui lo disturba, semplicemente aspettiamo assecondando il suo umore. Per sfogarsi intona canti e ballate, alcune tra l’altro niente male. Sembra proprio che abbia scoperto una nuova passione…
Dopo due giorni, il capitano ci sbarca dalla nave volante con un incantesimo di levitazione e atterriamo vicino ad un’oasi. Ci rifocilliamo, diamo un’occhiata alla strada da percorrere e poi nottetempo partiamo alla volta del monastero. Camminare sulla sabbia è faticosissimo, presto ci accorgiamo di non essere ben equipaggiati per il deserto e avanziamo piuttosto lentamente. Purtroppo i veri guai arrivano dopo qualche ora, quando veniamo sorpresi da una violenta tempesta di sabbia. Perdiamo l’orientamento, ci muoviamo senza meta, se ci fermassimo moriremmo di certo. La sabbia si infila sotto gli abiti, in bocca, negli occhi… siamo pieni di tagli e abrasioni e fatichiamo a respirare. A volte uno di noi cade e rischia di sciogliersi dalla cordata. Abbiamo quasi perso Lee… Anch’io rischio di svenire un paio di volte ed è solo grazie alle cure del monaco che riesco a resistere. Scappare da Halruaa per finire morta sepolta nel deserto dove non ritroveranno nemmeno le mie ossa… sto ormai per perdere le speranze, quando Drevlin riesce a individuare le stelle in uno squarcio limpido del cielo e seguendo le sue indicazioni arriviamo a delle rovine dove già si riparano alcuni nomadi. Ci fanno entrare nel loro accampamento, anche se alla vista di Lee assumono un atteggiamento ostile. Ci accolgono comunque perché per loro in questi casi l’ospitalità è sacra, ma impieghiamo un po’ a convincerli che Lee è assolutamente innocuo: a quanto pare pochi giorni prima alcuni monaci vestiti come lui li avevano attaccati derubandoli di un medaglione magico che apparteneva alla tribù da sempre. Lee per dimostrare la nostra buona fede si offre di curare i feriti, tra cui anche il capo tribù; Drevlin e GP intanto parlano coi nomadi. Io sono lì vicino a loro ma non so cosa si dicano, sono talmente stravolta che crollo addormentata lì per terra.

8 commenti:

malik ha detto...

direi che la tattica tentata da drevlin è lampante: lo scarabeo avrebbe dovuto aggrapparsi al bersaglio e trascinarlo giù come un sasso fino a spiaccicarsi con lui. si vede cha ha calcolato male le distanze o che lo scarabeo non è riuscito ad afferrare il bersaglio...
ma vedrete che ci riproverà, questa volta con uno scarabeo gigante truzzo full optional: tutto ricoperto di draghetti colorati!
cosmico

Libertè ha detto...

Come sempre mi piace come scrivi, anche se per la comprensione, dovrei leggere dall'inizio!XD

Alksoth ha detto...

Nota ortografica: la grafia precisa del nome del monaco è Leeah, che in Chessentano ha un suono molto simile a Li, nome tipico delle lande orientali del suo maestro a cui a reso onore assumendone il cognome Fah.
La trascrizione Lee credo derivi da una semisconosciuta lingua (credo si chiami Inglisc o qualcosa del genere) di un'altrettanto sconosciuto piano materiale (Terra, nome per altro poco originale).

@Tenar: ehi mistress che ne dici di postare qui o dal Nik la descrizione delle creature incontrate?

jamila ha detto...

Veramente per me Lee era un semplice diminutivo (vedi GP!), però se ci tieni tanto userò il nome per intero...

malik ha detto...

posso attirare la vostra attenzione sul nome della lingua di Leeah/Lee/Li?
non suona molto bene...
;)

Alksoth ha detto...

Era solo una nota, basta che lo scrivi giusto nelle occasioni uffciali (tipo necrologi), poi usa pure tutti i diminutivi o i soprannomi che vuoi: il rompiscatole, l'idiota che non si fa curare la cecità, colui che deve soffrire, ecc...

@Malik: beh, in effetti Chessenta non è che sia un gran bel posto dove vivere: nomen sunt conseguentia rerum

Anonimo ha detto...

NomINA sunt conseQuentia rerum. Povero Giustiniano

jamila ha detto...

(non volevo infierire, anonimo... il mio latino è ancora abbastanza buono da accorgersi di questi errori!)